8 marzo 2022

“Il villaggio della mia infanzia dopo la guerra era un villaggio femminile. Di sole donne. Non ricordo una voce maschile. E così questo mi è rimasto: la guerra la raccontano le donne. Piangono. O cantano, ma anche questo è un pianto” A scrivere queste frasi è Svetlana Aleksievic, padre bielorusso madre ucraina, giornalista e narratrice della storia dell’Unione Sovietica vista dalla parte delle donne e dei bambini; uno sguardo meno trionfalistico e accattivante ma decisamente più reale della retorica bellica delle grandi battaglie vinte per lo più da uomini.

Donne e guerra due “parole” agli antipodi. Un binomio in perenne contrasto ma sempre drammaticamente attuale sia che si parli della cronaca di questi giorni, di questi mesi, di questi anni …sia che si risalga nel tempo.  Le donne sono le protagoniste indiscusse e non riconosciute delle guerre; ne sono le maggiori vittime assieme ai loro figli; ne sono le eterne narratrici e custodi della memoria; sono quelle che ripartono dalle macerie e che vengono ben presto accantonate nella progettazione di un nuovo futuro.

Non sono riconosciute nemmeno quando della guerra ne diventano protagoniste attive: dalle donne combattenti ad Atene e Sparta, alle donne del secondo fronte (infermiere, cuoche, sarte, lavandai e prostitute) alla Streghe della Notte le aviatrici russe durante la seconda guerra mondiale. Ci vengono in aiuto ancora le parole della Aleksievic “Gli uomini ammettono di malavoglia le donne nel proprio mondo, sul proprio territorio”.

Siamo nel XXI secolo, eppure, tutte le lotte, le rivendicazioni e le conquiste che soprattutto nei paesi occidentali si sbandierano assumono un retrogusto amaro. Sono state conquiste o sono state concessioni? Sono veri passi in avanti o le donne sono ancora soggette al soffitto di cristallo?

Forse non è importante la risposta a queste domande, quanto la consapevolezza che può nascere da esse. La consapevolezza che il riconoscimento e il cambiamento non calano dall’alto e tanto meno arrivano su un bel cavallo bianco. Il cambiamento viene da ognuno di noi. E’ giunto il momento di educare tutte le donne all’indipendenza; economica per poter esser protagoniste delle proprie scelte; intellettuale per non essere soggetti a idee retrive e preconfezionate; sentimentale perché amare non significa esser proprietà di qualcuno.

Ed è giunto anche il momento di educare tutti gli uomini all’indipendenza dalle donne…signori…lavare i piatti non vi renderà meno virili!

In questa giornata, quindi, con un pensiero rivolto a tutte le donne, ma non solo, che stanno soffrendo o stanno combattendo una battaglia per la vita o per l’indipendenza, l’augurio per la festa della donna arrivi a tutti coloro che pensano che la Festa della donna abbia un valore e anche a tutti coloro che pensano non lo abbia. Ricordiamoci però che la strada è ancora all’inizio.

 

Invito alla lettura:

  • Svetlana Aleksievic, La guerra non ha un volto di donna;
  • Ritanna Armeni, Una donna può tutto. 1941: volano le Streghe della notte;
  • Rita Levi Montalcini, Elogio dell’imperfezione;
  • Elena Favilli e Francesca Cavallo, Storie della buonanotte per bambine ribelli, vol.1 e 2
  • Margot Lee Shetterley, Il diritto di contare
  • Julie Otsuka, Venivamo tutte per mare
  • Kathryn Stockett, L’aiuto
  • Chimamanda Ngozi, Americanah

 

Federica Oliveri
Assessore alla cultura