Il primo documento in cui è riportato il toponimo del paese è un atto notarile del 25 maggio 776 (steso dunque nel terzo anno del Regno di Carlo Magno in Italia) tra i sottoscrittori del quale si trova Guifredus de Vineate, missus domni regis.
Prima del Mille, come ci attesta una carta del 927, a Vignate possedeva dei fondi il Monastero Benedettino di Civate, che li aveva acquistati da Alcario, un vassallo di Sigefredo, Conte di Milano.
Un successivo diploma di Federico Barbarossa del 1162 conferma il possesso di terre da parte dell’Ente Monastico ance a Retenate, altra località del territorio vignatese.
Un atto notarile dell’8 luglio 1155 risulta rogato nel castrum de Vineate, e cioè nel castello o, più precisamente, nel luogo fortificato che sorgeva al centro del paese.
Agli inizi del 1200 risultano avere possedimenti in Vignate diversi enti ecclesiastici milanesi come i Monasteri Maggiore e Nuovo, le chiese di S. Tecla, di S. Maria Beltrade, di S. Stefano in Brolo, di S. Matteo alla Moneta, ma anche la chiesa di Gorgonzola e quella di Calcelate di Cernusco.
La stessa chiesa di S. Ambrogio, futura parrocchiale, possedeva in paese dei beni terrieri ed un canonicato. L’opinione che il borgo avesse in quell’epoca una certa importanza è suffragata anche dalla notizia che vi si teneva un mercato rurale, nel quale si scambiavano i prodotti agricoli non assorbiti in città.
Nell’alto medioevo Vignate faceva parte dell’antico contado della Bazzana, il quale però già nel XIV secolo fu assorbito da quello contiguo della Martesana. Sotto la Signoria Viscontea, ma ancor di più sotto quella Sforzesca, si ebbe nel Ducato Milanese un importante processo di trasformazione del territorio, che comportò una riorganizzazione di tutto il sistema agricolo.
L’apertura del Naviglio della Martesana (1457-1460) costituì, per l’area in cui si trova Vignate, il fatto più importante ed economicamente incisivo: già agli inizi del XVI secolo, infatti, i tre quarti del territorio del paese risultavano essere irrigui, grazie all’acqua derivata dal nuovo canale, cosa che contribuì in modo notevole all’incremento della produzione agricola. Spentosi con il tracollo della dinastia Sforzesca lo splendore culturale e artistico che aveva accompagnato l’epoca rinascimentale milanese, dal 1535, anno in cui le truppe dell’imperatore Carlo V presero possesso del Ducato, iniziò anche per Vignate un lungo periodo di dominazione straniera che durerà fino alla vigilia dell’unificazione italiana. [pagebreak] Le vicende alterne del feudo di Melzo e Gorgonzola, cui il paese con le sue pertinenze apparteneva, lo coinvolsero dalla fine del XV secolo alla morte dell’ultimo feudatario, il Conte Antonio Teodoro Trivulzio, avvenuta il 26 luglio 1678.
In seguito ad essa, versando al governo spagnolo 48 lire per ogni famiglia, la Comunità Vignanese, a differenza della maggior parte delle altre terre che furono allora nuovamente infeudate, riuscì a redimersi (23 aprile 1691), cioè a liberarsi dai vincoli che la legavano al suo passato feudale.
Con le riforme introdotte nel XVII secolo dal governo austriaco le località di Vignate, Retinate, Gudo e Cascina Bianca, prima autonome, si fusero a formare un unico Comune.
San Pedrina, invece, restò indipendente e continuò ad esserlo fino al 1869 quando, con Regio Decreto, fu anch’esso definitivamente aggregato a Vignate.
Al primo censimento generale dell’Italia Unita (1861) si contarono nel comune 1254 residenti, pressoché tutti occupati nei lavori agricoli e ben due terzi dei quali dichiaravano di non saper né leggere né scrivere.
La metà dei terreni era coltivata a prato, l’altra metà a granoturco e frumento, con una piccolissima percentuale di risaie.
Rilevante era anche la produzione casearia. Negli anni del boom economico italiano, che fece seguito alla ricostruzione dopo la II guerra mondiale, si verificò anche a Vignate, a partire dalla fine degli anni Cinquanta, la nascita e la crescita di numerose attività artigianali e industriali.
Tale fenomeno comportò un esodo irreversibile di lavoratori dal settore agricolo a quello industriale. Il notevole incremento del numero di residenti e l’inevitabile e conseguente espansione edilizia, trasformò in buona parte un paesaggio rurale di indubbio valore, con il quale Vignate per secoli si era identificato.
Tra i personaggi che hanno dato lustro al paese è doveroso ricordare almeno: – Arderico da Vignate, vescovo di Lodi dal 1105 al 1127; – Antonio da retinate, cronista del XIII secolo; – Antonio Ratti e Stefano Baruffi, volontari garibaldini nell’epica impresa dei Mille; – Mons. Luigi Braghi, storico e fondatore della Congregazione delle Suore di S. Marcellina, per il quale è in atto il processo di beatificazione; – Don Giuseppe Gervasini, El Pret de Retenà, guaritore e taumaturgo di inizio secolo.
Nella chiesa parrocchiale di S. Ambrogio, già esistente nel XII secolo, si possono ammirare alcune opere artistiche di un certo pregio: anzitutto le quattordici grandi tele settecentesche della Via Crucis di scuola lombarda; un quadro ad olio di inizio ‘600 rappresentante S. Carlo Borromeo in abiti pontificali; un crocifisso ligneo della prima metà del XVI secolo.